20 min, 8mm e mini-DV, 2009
Due cugini, rigorosamente fuori campo, con una videocamera digitale puntata su di un malfunzionante televisore registrano, commentandole, le immagini tratte dai vecchi 8mm della propria famiglia. Ne deriva un’involontaria ma incisiva esegesi sulla natura del cinema familiare e sullo straordinario intrecciarsi di memoria e presente.
Nell’estate 2007 l’ amico Allaman mi chiede aiuto per realizzare una video-lettera da inviare in terra d’Australia dove un ramo di parenti, emigrati nel secolo scorso, ha indetto un grande meeting familiare . Non potendo mantenere l’impegno di essere presente al raduno Allaman ha optato per una apparizione virtuale. Il ceppo italiano -lui stesso con le sue cugine ed i rispettivi figli- farà pervenire ai parenti australiani in occasione della festa un messaggio di saluto e di ricordo degli avi comuni. Per motivi pratici la registrazione del video deve concentrarsi in poche ore, il tempo necessario a raccogliere testimonianze che la timidezza e l’imbarazzo rendono in qualche caso balbettanti. Prevedendo qualche difficoltà di montaggio m’informo sulla disponibilità di vecchio materiale fotografico o cinematografico anche per vivacizzare il video e renderlo più curioso agli occhi dei parenti. Antonella, cugina di Allaman, mi porta tre ore di pellicole familiari 8mm girate da suo padre e da lei fatte trasferire su nastro VHS. Come esperto di Home Movies riconosco la banalità delle riprese (vacanze, compleanni, feste etc.) ed un telecinema di scarsa qualità: come nella maggior parte dei casi l’artigiano ha riversato un po’ sciattamente le immagini sul nastro magnetico ed ha pensato bene d’ aggiungere in audio un casuale succedersi di musiche più o meno note che dovrebbero servire a rendere digeribili immagini altrimenti, a lungo andare, noiose. Io invece penso piuttosto a come farò a districarmi tra volti e luoghi a me sconosciuti. Perciò impongo ad Allaman ed Antonella di trovarsi un pomeriggio, puntare l’obbiettivo di una videocamera digitale su un televisore e registrare, sulle immagini che scorrono, i loro commenti che mi aiuteranno ad orientarmi tra le immagini che appaiono nei film. I cugini, diligentemente e inconsapevolmente eseguono.
Quando qualche settimana più tardi inizio la ricognizione sulle tre mini-dv che ho ricevuto provo, del tutto inattesa, l’emozione intensa che mi comunica solo la complessità di un’opera quasi compiuta.
Devo solo ingegnarmi per ridurre ad una misura sopportabile quelle tre ore che intrecciano complessi fili di una trama dove il passato riverbera nel presente, il campo nel fuoricampo, l’ emozione della memoria nel grande o piccolo dramma dell’attualità. Davvero non è semplice, mi rendo conto, restituire e condensare l’armonia di un equilibrio così precario. Ma vale la pena di provarci.
Considerazioni
Non è forse un caso che per individuare la forma del mio lavoro sia dovuto ricorrere al termine inedito di Cinema Privato. Quando porto a termine un video spero sempre che possa risultare interessante per il maggior numero di persone e tuttavia sono assolutamente consapevole che per apprezzarlo -ammesso che ne valga la pena- lo spettatore deve concedersi/concedermi uno scialo di tempo di cui non tutti -ammesso che lo desiderino- sono, in un qualsiasi frangente della loro esistenza, nella condizione di disporre. Dunque realisticamente non aspiro ad un pubblico ma tutt’al più ad un certo numero di spettatori , che più volentieri denominerei videolettori se questo termine non corresse il rischio d’ingenerare possibili fraintendimenti. Videolettori in che senso? Provo a spiegarmi: questo video “Coniglio, Leoni & circostanze varie” ha una sua densità pienamente decifrabile solo in seguito ad una pluralità di letture. Ma posso io verosimilmente pretendere da chicchessia una tale disponibilità? Non credo proprio. Tutt’al più posso augurarmi che il mio lavoro, invece d’incrociare lo sguardo-panzer dello spettatore che macina unidirezionalmente i 25 frames al secondo, incontri l’occhio démodé (o prémodé) di un lettore/visore uso alla pausa riflessiva, col gusto a riconsiderare i segni pregressi alla luce di uno scarto del testo e che non esita, all’occorrenza, a interrompere il flusso d’immagini per riavviarlo a partire da un punto precedente.