Nell’affollata sala EST-OVEST Pio Baldelli ha avviato il corso sui film di Roberto Rossellini. Al termine di ogni proiezione si avvia il dibattito tra noi studenti. Due in particolare mi colpiscono. Il primo che, pur incespicando qua e là su singole parole, argomenta le sue riflessioni con generose citazioni di filosofi francesi a me poco noti. L’altro è un imponente barbuto sempre avvolto dall’eschimo sessantottino, che trasuda ammirazione incondizionata e assai contagiosa anche per materiali rosselliniani, a mio ingenuo avviso, quasi insignificanti.
Finisce una sera che proseguiamo il discorso sul marciapiedi di fronte alla sala. Facciamo conoscenza: Fabrizio Bettalli, vengo da Siena, si presenta il lievemente balbuziente ; Marco Melani, dice il barbuto dentro l’eschimo, sono di S.Giovanni Valdarno, ma tu , rivolgendosi a me, sei di Firenze? Conosci Claudio Popovich?
Inciso: Claudio Popovich non appare nelle immagini e tuttavia le pervade.
All’epoca è individuato come “critico d’arte” alternativo, ma in realtà è qualcosa di diverso: un procreatore d’idee, che prima ti seduce e poi t’ingravida. Uno che pensa e che si disinteressa al fare anche se apprezza i fatti. Un antimaestro che non desidera una corte di “cloni”. Ama il contrario stupirsi degli esiti imprevedibili del seme che ha sparso.